Le varietà dai semi di cannabis si dividono in tre famiglie ben distinte: cannabis indica originaria delle regioni del Indukush, cannabis sativa originaria del sud America ed infine la cannabis ruderalis che ha origine nelle zone nord dell’Europa come Kazakistan e Russia.
Le caratteristiche che distinguono queste tre grandi famiglie sono contraddistinte da vari fattori: dalle tempistiche e modalità di crescita e fioritura a l’effetto sull’uomo, infatti la cannabis indica possiede un effetto molto corporale, producendo piante basse e larghe dalla fioritura piuttosto breve.Mentre la varietà sativa provoca alterazione più mentale che fisica e le piante si manifestano alte, slanciate e il periodo della fioritura è generalmente più lungo rispetto alla cannabis indica, mentre la varietà di marijuana ruderalis in natura è praticamente priva di THC ecco perché presa poco in considerazione da tutti i coltivatori, ma possiede un grande vantaggio rispetto alle sorelle una crescita velocissima, infatti questa varietà al contrario delle sue sorelle non è foto dipendente e ha un ciclo vitale molto breve nel quale riesce a fare crescita e fioritura nel giro di 65-70 giorni.
Dalle varietà regolari a femminizzate e in fine quelle autofiorenti
Come già spiegato in una precedente guida, i primi semi di cannabis ad avere un impatto sul mercato a livello mondiale furono i semi di Super Skunk, varietà di marijuana creata da i maestri breeders Olandesi, che riuscirono a stabilizzare questa pianta e a renderla molto produttiva soprattutto nella coltivazione indoor. Per molti anni in Olanda, data la sua politica liberale nei confronti della cannabis, sono nate molte altre varietà più o meno famose.
Il grande salto nel mercato avviene a fine anni 90 con l’introduzione dei semi femminizzati, infatti fino a quel momento i semi di cannabis commercializzati erano solo genetiche così dette regolari, cioè semi che possono produrre sia piante di sesso maschile che femminile. Coltivare piante di marijuana regolare significa, dover fare attenzione nel periodo in cui le piante si sessano, a rimuovere tutti gli esemplari di sesso maschile, per evitare che impollinano le femmine e di conseguenza fecondando il fiore femminile che produce semi. Fa da se che la messa sul mercato di questi semi di cannabis femminizzati, oltre a far risparmiare tempo e denaro, a reso le cose più semplici a tutti i coltivatori, dato che tutti gli esemplari coltivati erano femmine, non si buttava via nessuna pianta e non c’era alcun rischio di impollinazione. Negli anni si usarono varie metodologie per avere dei semi di cannabis femminizzati che producessero piante sane e vigorose, come ad esempio l’argento colloidale.
Questa rivoluzione nel modo della coltivazione dei semi di cannabis ha spopolato tra tutti i growers del mondo, che negli anni successivi hanno prodotto moltissime varietà facendo i più improbabili e assurdi incroci spesso con risultati sbalorditivi. Ma si sa la voglia di scoprire e sperimentare è sempre stata alla base della curiosità umana, quindi perché non provare a lavorare sulla tanto bistrattata varietà ruderalis, ed è così che dopo qualche anno di incroci con genetiche femminizzate sia di cannabis sativa che indica si è riusciti a produrre i semi di cannabis autofiorenti, con percentuali da THC che variano tra il 16-22% e dalle ottime proprietà organolettiche.
Queste piante restano piccole di statura e impiegano 65-75 giorni per completare l’intero ciclo vitale, senza seguire l’influenza delle ore di luce, infatti sia che quest’ ultime siano in fase calante o crescente queste piante autofiorenti dopo 25-35 giorni di crescita fioriranno e completeranno la fioritura nei tempi record di altri 30-35 giorni. Questa rivoluzione ha fatto sì che le varietà autofiorenti spopolassero tra tutti i coltivatori ma sopra tutto tra le persone che coltivano all’aperto data la rapidità di sviluppo della piante e le sue ridotte dimensione che la rendono molto facilmente mimetizzabile ad occhi indiscreti.
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